Assistenza domiciliare: l’importanza del coordinamento sanità e territorio

Le cure tra le mura domestiche sono una risorsa preziosa per il paziente, i famigliari e il Sistema Sanitario

Il mantenimento di un buon livello di salute pubblica è uno dei temi più importanti e discussi degli ultimi decenni che, complici il progressivo invecchiamento della popolazione e la recente pandemia di Covid-19, occupa ormai una voce di fondamentale importanza nelle scelte e nelle decisioni dei principali governi di tutto il mondo. In special modo nel nostro Paese, dove la percentuale di ultraottantenni è quasi raddoppiata negli ultimi vent’anni e l’assistenza domiciliare è ormai divenuta una necessità assolutamente fondamentale e imprescindibile per assicurare un valido sostegno ai malati e alle persone fragili, disabili o semplicemente in convalescenza.

Basti solo pensare che i dati Istat emersi dall’Indagine di salute europea EHIS 2019 hanno delineato una fotografia preoccupante della domanda di assistenza che, proprio nella classe di età 75 e più, assume una rilevanza preponderante a causa della compromissione di capacità funzionali, della mancanza di supporto sociale, del bisogno di sostegno, delle sfavorevoli condizioni abitative e delle difficili condizioni economiche. Su una popolazione di riferimento composta da circa 6,9 milioni di over 75, sono stati infatti identificati oltre 2,7 milioni di individui che presentano gravi difficoltà motorie, presenza di più patologie, compromissioni dell’autonomia nelle attività quotidiane di cura della persona e nelle attività della vita quotidiana. Tra questi, 1,2 milioni di anziani hanno dichiarato di non poter contare su un aiuto adeguato alle proprie necessità, di cui circa 1 milione vive solo oppure con altri familiari tutti over 65 senza supporto o con un livello di aiuto insufficiente.

E non finisce qui. Anche gli anni futuri non riservano di certo uno scenario migliore. Il picco di invecchiamento colpirà infatti l’Italia nel 2045-50, quando si riscontrerà una quota di ultrasessantacinquenni vicina al 34%. Si prevede, difatti, che anche la sopravvivenza aumenterà ulteriormente e, di conseguenza, entro il 2065 la vita media si aggirerà attorno agli 86,1 anni per gli uomini e ai 90,2 per le donne.

L’assistenza domiciliare rappresenta per cui una vera e propria “ancora di salvezza” non solo per famigliari e caregiver, ma anche e soprattutto per l’intera comunità e per lo stesso Sistema Sanitario Nazionale, considerati i benefici che può dare a livello di riduzione dei giorni di degenza ospedaliera, e quindi, di fatto, di risparmio economico. Vantaggi che, a livello degli stessi pazienti, assumono ancora più valore e significato, grazie a una più veloce e completa guarigione. Senza contare la notevole riduzione del disagio psicologico dato da un anticipato ritorno tra le mura del proprio domicilio. Non a caso, proprio l’ADI o Assistenza Domiciliare Integrata è stata riconosciuta come uno dei “Livelli Essenziali di Assistenza” dal Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 29 novembre 2001.

Appunto per questo motivo, è di fondamentale importanza il coordinamento e la stretta collaborazione tra i presidi sanitari, i medici di medicina generale e le strutture locali da un lato, e le numerose organizzazioni assistenziali presenti sull’intero territorio nazionale dall’altro. Lo scopo finale che è quello di rendere le cure a casa la diretta continuazione di quelle precedentemente avute nel reparto ospedaliero, è difatti possibile grazie a precise indicazioni e accorgimenti dei presidi medici che hanno in carico il paziente e che sono tenuti a seguire l’evolversi della degenza o convalescenza del malato anche se si svolge al proprio domicilio.

A questo proposito, una delle migliori best practice in questo senso è quella relativa al “Progetto Milano”, attivo su tutto il territorio del capoluogo lombardo dallo scorso 1 ottobre 2019, che definisce le modalità operative per le dimissioni “protette” in ADI di pazienti ricoverati nei reparti ospedalieri delle ASST/IRCCS di riferimento. Secondo questo nuovo protocollo, è difatti proprio il reparto ospedaliero a prendersi farsi inizialmente carico di tutte le pratiche per l’attivazione dell’assistenza domiciliare, nonché ad avviare le migliori cure del paziente al proprio domicilio, fornendo tutte le indicazioni e presidi medici del caso e, non ultimo, a informare in modo  adeguato parenti e caregiver.

Grazie alle strutture assistenziali operanti sul territorio, in grado di assicurare anche a casa del paziente le stesse prestazioni che verrebbero erogate in ospedale, i pazienti e i suoi famigliari possono così avere a disposizione un team di professionisti, con competenze multispecialistiche, in grado di prendersi in carico la persona, in base alle sue specifiche esigenze e necessità e alla sua storia clinica, con la possibilità di poter completare senza alcuna interruzione il suo programma terapeutico, sia che riguardi situazioni di riconosciuta cronicità o la guarigione da patologie acute. Il tutto, ovviamente sempre sotto il controllo del reparto ospedaliero, a cui poter ricorrere in caso di qualsiasi necessità, o di eventuali complicazioni a livello clinico.